Presentazione di “ALFABETO MAGGIORE” di Francesco Florenzano. Una riflessione dell’on. Vitaliano Gemelli

Francesco Florenzano, con questo suo lavoro, ci invita a seguire un percorso
di esperienze di scienza e conoscenza sulla educazione degli adulti, facendoci
comprendere quanto sia difficile affrontare tale problematica per la complessità
insita proprio nell’uomo.
La premessa è che lo studio, per convinzione comune, è concentrato nell’età
giovanile e arriva per i più volenterosi al conseguimento della laurea; poi inizia
la fase del lavoro, della costituzione di una famiglia, della vita domestica e, se
mai, può capitare di dover seguire qualche aggiornamento finalizzato alle
innovazioni lavorative e ai programmi che possono essere adottati.
Chi non ha queste esigenze avrà la possibilità di seguire la televisione con i
suoi programmi e quindi informarsi, se è interessato, sulle vicende del mondo
al fine di poter fare qualche scambio di vedute con gli amici.
D’altronde, se fosse importante fare diversamente, lo Stato se ne
occuperebbe, ma lo Stato si prende carico dei giovani fino alla scuola
dell’obbligo prevista dal 1948 per 8 anni, poi tutto diventa facoltativo e lasciato
alle scelte personali.
Quindi l’educazione degli adulti analfabeti – e ve ne sono tantissimi in tante
parti d’Italia tra i contadini, gli artigiani e le casalinghe (la percentuale delle
donne lavoratrici riconosciute tali è bassissima, nel senso che la contadina
lavora sempre nel proprio campo e quindi non le si riconosce lo status) non è
all’ordine del giorno istituzionale, ma di pochi volenterosi che comprendono
quanto sia necessario impartire i presìdi essenziali della conoscenza.
In Europa gli Stati non si comportano tutti nello stesso modo; i Paesi nordici
hanno dei programmi di istruzione degli adulti e quindi lì hanno il tasso di
analfabetismo basso di fronte all’Italia.
Ad un certo punto Florenzano introduce un concetto fondamentale:
“l’apprendimento fonte di cittadinanza”. L’apprendimento è fonte di cittadinanza
perché dà al cittadino la consapevolezza di essere titolare di diritti e doveri nei
confronti delle Istituzioni e soprattutto con i suoi simili; la titolarità dei diritti e
dei doveri si consegue al momento della nascita, ma la consapevolezza rivela
la responsabilità che il cittadino ha e può utilizzare per migliorare la propria
condizione di vita.
Successivamente Florenzano ci svela che Giacomo Leopardi è stato il
precursore del lifelong learning, citando l’intervento del Prof. Colangelo
dell’Università di Padova ad un convegno svoltosi alla Fiera di Rimini.
Leopardi ritiene che “imparare è in gran parte imitare”, “chi ha imparato molto
più facilmente impara”, l’uomo impara ad imparare; fondamentalmente viene
indicato un metodo attraverso la constatazione, verosimilmente personale,
perché cita l’esempio della lettura di un libro in lingua straniera che lo porta a
immaginare e a parlare in quella lingua.
Il successivo richiamo a Gramsci introduce un elemento di grande attualità:
l’Educazione degli Adulti serve per riscattare le classi subalterne dal dominio
delle classi dominanti.
In definitiva è un problema di uguaglianza dei cittadini, che non possono essere
classificati in subalterni e dominanti, ma tutti uguali e disponibili a concorrere
alla evoluzione civile dell’intera popolazione.
Gramsci vorrebbe che l’istruzione fosse fondamentalmente educazione e non
un immagazzinamento di nozioni senza l’acquisizione della possibilità di
personalizzarle e farne patrimonio culturale proprio.
Le citazioni del Maestro Alberto Manzi e di Danilo Dolci vanno in parallelo,
anche se in epoche diverse e con strumentazioni diverse.
Trovo che l’approccio sia quasi uguale perché Manzi entra nelle case degli
italiani con i disegni, i suoni, i racconti, Dolci va nelle case dei contadini o
accoglie i suoi scolari nella sua povera abitazione e “non istruisce”, ma chiede
ai ragazzi di immaginare il loro futuro, facendoli certamente sognare, ma
sviluppando in loro la capacità di pensare qualcosa al di fuori della routine
quotidiana, fatta di misero lavoro.
La fantasia e il desiderio mettono in moto meccanismi mentali per superare le
difficoltà che ostacolano il raggiungimento dell’obiettivo e quindi migliorano le
capacità di elaborazione di pensiero.
Anche Don Milani stabiliva un rapporto empatico con i ragazzi e li abituava alla
riflessione e al ragionamento, elementi fondamentali per selezionare e
scegliere il bene piuttosto che il male.
Don Milani accoglieva gli emarginati del paese e restituiva loro la dignità di
ragazzi come tutti gli altri, valorizzando le loro doti e competenze in una analisi
che privilegiava le vocazioni, per cancellare definitivamente dalla loro mente
che fossero dei “cretini”.
Anche Adriano Olivetti ha insegnato un metodo nuovo di fare fabbrica, che ora
sta seguendo Brunello Cucinelli; su altre dimensioni vorrei citare anche
Michele Ferrero, che per i suoi operai ha creato una serie di servizi che non si
riscontrano in altre industrie.
Il percorso di Francesco ci porta a riflettere sulla necessità dell’alfabeto
funzionale e sulla scrittura manuale e apre uno scenario che dovrà essere
necessariamente approfondito.
Ho parlato prima della cittadinanza e della consapevolezza di essere cittadini,
perché nella concezione attuale le persone di uno Stato, anche del nostro, per
lo Stato hanno due vesti: sono contribuenti e consumatori.
L’idea che un cittadino debba avere soddisfazioni morali, psicologiche, possa
sentirsi gratificato dal paesaggio, dalla bellezza della sua città, possa avere dei
sentimenti, per lo Stato non rileva perché non contribuisce all’erario e non
consuma un prodotto che aumenti il PIL.
Nel racconto di Francesco leggo la necessità di riscoprire la dimensione
umana, che è pressocché scomparsa nelle logiche istituzionali e governative,
le quali sono imposte da strutture mondiali che gestiscono la comunicazione
secondo il loro migliore tornaconto.
Le grandi scelte ideali sono il retaggio di una cultura ereditata dal romanticismo
e superata dal calcolo di convenienza che governa i processi mondiali.
L’ambientalismo di maniera che viene enfatizzato e riempie le COP, che ormai
si riuniscono nei Paesi produttori di petrolio e gas, segue la logica di un neo-
capitalismo finanziario potentissimo.
Il processo è partito da lontano e bisognava stare attenti quando Baumann
scriveva di “società liquida”, il mio compianto collega Vattimo sosteneva il
“pensiero debole”, movimenti di pensiero vogliono attuare la “cancel culture”,
perché se si attua tutto questo i fautori dell’attuale globalizzazione immaginano
di poter realizzare un mondo di cloni, dove tutti compriamo le stesse cose,
abbiamo gli stessi pensieri, accettiamo di essere “moderni” secondo la
concezione che non ci appartiene.
Ci siamo uniformati nei linguaggi dei pc e dei telefonini e i “Meme”, gli “Emoji”
i “Gif” ci fanno esprimere le nostre emozioni e reazioni tutti nello stesso modo;
possiamo mettere due cuori o due smorfie, ma si perde la personalizzazione e
quindi l’originalità insita in ogni uomo.
Florenzano invoca la scrittura manuale come strumento per esprimere le
emozioni; il corsivo manifesta il carattere delle persone, ma dobbiamo dire ai
periti calligrafi che devono cambiare mestiere, perché abbiamo scritto finora
sul pc o sul telefonino, ma ormai inviamo messaggi vocali e dettiamo relazioni
al pc, che provvede a stampare.
Se poi usiamo la chat-GPT e chiediamo di scriverci un intervento a commento
del libro di Francesco, avremo il lavoro già fatto senza fatica.
Penso che la situazione sia molto grave perché oltre all’analfabetismo
funzionale, che deriva dalla veloce evoluzione delle tecnologie e dei sistemi di
lavoro, oltre all’analfabetismo digitale, che aumenta sempre di più perché i
sistemi evolvono rapidamente e soprattutto le generazioni agée non riescono
a tenere il passo, quello che è più grave è l’analfabetismo concettuale, legato
progressivamente alla diminuzione dei vocaboli usati nel linguaggio scritto e
parlato, perché con la perdita del vocabolo si perde il concetto che il vocabolo
esprime e alla fine ci ritroveremo all’età della pietra, perché avremo estromesso
dalla nostra mente tutta la filosofia che dai Greci in poi abbiamo stratificato
nella nostra mente e nella nostra cultura, fino ad arrivare al livello di
sofisticazione razionale attuale.
Il lavoro pregevole di Francesco, alla fine del percorso, lancia un allarme –
almeno così leggo io – che riguarda la salvaguardia delle nostre prerogative di
uomini liberi, di cittadini, di essere pensanti.
Tutti gli strumenti che aiutano l’uomo devono sempre essere accettati, ma
l’uomo deve poterli governare e il controllo dovrà essere totale, per evitare che
per esempio le auto a guida autonoma facciano incidenti per l’interpretazione
errata di un segnale, come è avvenuto diverse volte.
La realtà è che siamo otto miliardi di persone tutte diverse, tutte originali, con
storie personali e con culture diverse e la diversità è ricchezza e finora ha
garantito non solo il progresso economico o tecnologico, ma ha garantito
l’evoluzione umana attraverso la valorizzazione dell’intelligenza e dei frutti che
l’intelligenza ha dato a tutti, perché le scoperte scientifiche sono ora a
disposizione di tutti.
Quello che è importante in tale fase storica di grandi e veloci sconvolgimenti è
avere un approccio olistico nei confronti della persona e dell’umanità intera,
senza parzialità o selezioni di ambiti, che potrebbero mortificare aspetti
importanti della personalità umana, che deve essere rispettata nella sua
completezza.
Il Dicastero per la Dottrina della Fede ha licenziato la Dichiarazione
“DIGNITATIS INFINITA”, con la quale definisce con dovizia di motivazioni che
la dignità di tutti gli uomini è infinita e non può essere in alcun modo limitata in
nessuna manifestazione e sotto tutti gli aspetti.
Una delle manifestazioni della Dignitatis Infinita è avere l’uso dell’”ALFABETO
MAGGIORE”, che per Anna Lorenzetto, fondatrice dell’UNLA da me
presieduta, significa possedere la capacità di formulare ed esprimere un
pensiero critico – nel senso di personale e adeguato al contesto di riferimento-
Per tale motivo ringrazio particolarmente Francesco, che non solo ha
richiamato l’UNLA, ma mi ha citato, annoverandomi tra i suoi amici, e della qual
cosa mi sento onorato.
Sono d’accordo con Francesco nel ritenere che il lifelong learning debba
essere sostenuto con il finanziamento di tutte strutture che operano nel settore,
perché la multiformità delle Organizzazioni risponde alle esigenze della
domanda nei territori e quindi non potrebbe essere irregimentata in uno
schema educativo, che non potrebbe avere la funzione che attualmente
svolgono le organizzazioni come l’Upter, l’UNLA, l’Unieda e tutte le altre
esistenti.

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